Qualcuno deve pur dirvelo, il vostro piano editoriale è noioso.
Vi siete mai chiesti quanto sia inutile tutto quello che proponete on-line?
Spesso mi trovo a visitare dei feed che sono un vero e proprio cimitero dell’interazione: decine e decine di contenuti, magari anche ben fatti, ma che numericamente non hanno il minimo coinvolgimento. Ha senso pagare qualcuno per gestire i vostri social senza essere notati da nessuno?
Va bene il feed con la stessa cromia di colori, va bene i post a blocchi da 9 o da 3 che uccidono l’interazione ma sono belli da vedere, così come i compagni dualtone e i vari filtri di colore.
Ma vi basta solo a cura estetica? Tutto questo lavoro interessa al vostro pubblico?
Per non parlare dei post con gli auguri, il saluto alla stagione di turno, qualche notizia riciclata o pillola come piace al “copy” geniale, e tutti quei visual utilizzati per evidenziare le vostre offerte shock.
A molti, troppi purtroppo, ancora non è chiaro che il tempo dei social gratis e dei calendari da riempire con il post quotidiano è finito ormai da tempo; e così si continua a tenere in vita questa pratica perché spesso l’agenzia deve giustificare il lavoro al cliente e il cliente deve sentirsi apposto con se stesso.
Ma ha senso continuare a dire qualcosa se non c’è nessuno all’ascolto?
Certo, la questione del budget e dell’ advertising non è di poco conto, perché ormai è chiaro che puoi realizzare i contenuti più belli del mondo, ma se poi non investi per distribuirli tutto il lavoro serve a ben poco. Ma per quanto l’advertising risulti fondamentale, se non si riesce a mantenere un’interazione organica spontanea e costante qualcosa che non va c’è.
In molti casi quello che manca è l’originalità, la creatività, e allora per tamponare a questa lacuna si finisce col pubblicare tutti le stesse cose: ogni giorno c’è una giornata mondiale per cui si va di copia e incolla di una citazione, poi la festa della mamma, benvenuta estate, i colori dell’autunno, il countdown all’albero di natale e dopo Capodanno si ricomincia da capo.
Questo atteggiamento in parte dipende anche dal fatto che le agenzie di comunicazione sono oberate di lavoro e in molti casi non riescono a garantire il giusto tempo al cliente, che magari a sua volta non è disposto a investire in contenuti di qualità e preferisce pagare poco. Il risultato è che spesso le agenzie lasciano i clienti in una sorta di limbo della comunicazione, in cui si pubblicano svogliatamente contenuti non ricercati.
Di contro bisogna ammettere pure che molti creator riescono ad ottenere da contenuti ben realizzati e senza particolari idee o strategie, risultati molto più interessanti di agenzie strutturate (non parlo in termini numerici ma mi riferisco proprio alla qualità dei contenuti generati).
Il social content marketing serve a far respirare un’azienda al ritmo dei suoi clienti, scolpirlo in un piano editoriale statico vuol dire seppellirlo vivo. (Mafe De Baggis)
Ma allora mi stai dicendo che non mi occorre un piano editoriale?
No, assolutamente. E questo non è nemmeno il solito articolo che vi ricorda che è morto qualcosa, perché stavolta il piano editoriale non è morto. Quello che intendo dire è che paradossalmente è preferibile non seguire un piano se quest’ultimo poi finisce col limitarvi ed impedirvi di superare i confini della vostra inventiva.
Quello che vi occorre non è un piano editoriale ma una visione editoriale, ovvero il ragionare come se foste degli editori che ogni giorno devono proporre qualcosa di utile ed interessante al proprio pubblico e assicurarvi la fedeltà dei vostri follower.
Mi piace pensarla così: ogni impresa ha degli obiettivi che si propone di raggiungere nel medio o lungo termine, e per raggiungere questi obiettivi deve essere supportata da un piano di marketing che deve raccontare al meglio i valori del brand, trasformandoli in contenuti di qualità da distribuire nei giusti ambienti di comunicazione, supportati a dovere da un investimento pubblicitario volto a raggiungere i suddetti obiettivi.
Come fare tutto questo?
Lo vedremo nelle prossime puntate.