E-Commerce: dal postal market al post-covid, il commercio diventa unificato.

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1 Compra on-line e ritira in negozio

In principio era il Verbo?

No: in principio era Postalmarket, azienda italiana leader nella vendita per corrispondenza i cui cataloghi cartacei hanno affascinato intere generazioni di italiani sin dagli metà degli anni settanta. La vendita per corrispondenza, in quegli anni, era vissuta come un’esperienza di acquisto davvero pionieristica sia per le aziende che per i consumatori.

Il cliente sfogliava il catalogo cartaceo da casa, sceglieva la taglia, il modello, il colore: semplice e diretto. In vero stile american dream.

Se è vero che la vendita per corrispondenza faceva breccia soprattutto nei risparmi delle casalinghe, mutatis mutandis, l’e-commerce è invece, ad oggi, utilizzato da un target che copre ogni fascia di età, uomini e donne senza distinzioni di sorta.

Come era prevdibile il lockdown e il post-lockdown hanno visto una perdita del 75% delle vendite dei negozi fisici a favore dell’e-commerce che ha avuto un incremento delle vendite del 26% e una crescita prevista di oltre il 45%.

La pandemia sembra infatti aver ridefinito le modalità di acquisto da parte dei consumatori e le previsioni indicano che, se gli store vorranno restare competitivi, dovranno utilizzare la strategia di vendita omnichannel puntando sull’innovativa formula magica: compra on line e ritira in negozio.

Vediamo di cosa si tratta.

1.1 La strategia di vendita Omnichannel

La strategia di vendita omnichannel implica la possibilità di utilizzare tutti i canali di contatto disponibili per favorire un’interazione ottimale tra il brand e il consumatore: negozi fisici, shop on-line, direct social marketing e contact center devono essere coordinati da un’unica regia che pone al centro il cliente. È lui a scegliere quale canale utilizzare e il brand deve adeguarsi di conseguenza. La strategia di vendita omnichannel era ampiamente utilizzata anche prima del lockdown tuttavia ciò che è cambiato con la pandemia, sono le formule di vendita che fanno leva sulla paura del contagio da parte del consumatore.

Puoi comprare on-line e decidere se ritirare il tuo prodotto in negozio, oppure puoi recarti in negozio, guardare ma non toccare e farti recapitare a casa il tuo prodotto pagando on line.

O ancora: puoi ordinare via Whatsapp, la merce ti arriva a casa, non ti piace e puoi restiuirla mediante la comune modalità del reso senza impegno.

Si tratta di formule in via di sperimentazione che pongono al centro la paura del contagio e la necessità di vendere più prodotti possibili in tutta velocità, prima che il consumatore si renda conto di non avere davvero bisogno di quel prodotto.

L’ultima novità di Amazon in questa direzione è il “Product Sampling”: un servizio che consente agli utenti di ricevere alcuni campioni gratuiti di prodotti presenti nei cataloghi. Unica nota a margine: i prodotti che ti verranno recapitati a casa non li scegli tu ma li sceglie direttamente la piattaforma al posto tuo.

Illustreremo più avanti i meccanismi del Product Sampling analizzando le ragioni che spingono un colosso come Amazon ad utilizzare questa nuova formula proprio durante la fase della caccia all’oro dell’e-commerce.

Facciamo prima una dovuta premessa introducendo la nuova definizione di u-commerce – o unified commerce -. 

1.2 U-commerce ovvero il commercio unificato

La narrazione transmediale e il concetto di Convergence Culture – secondo la nota teoria di Henry Jenkins del 2006 – prevedeva un’interazione diretta tra i lettori e i diversi media seguendo una formula secondo la quale una storia, un libro o una narrazione potevano espandersi fino a divenire un’esperienza collettiva e, allo stesso tempo, modificabile da uno o da molti. Il concetto di cultura convergente sembrava essere una forma narrativa cyber ottimistica che permetteva inoltre all’utente di ricostruire il significato complessivo di un’opera, integrandolo attraverso diversi media.

Per quanto suggestiva fosse l’idea di Jenkins, oggi sappiamo che si trattava solo di uno dei tanti impulsi estatici dettati dall’affermarsi dei “new media” che in realtà oggi tanto nuovi non lo sono più, la cui strada verso il futuro sembrava essere illuminata dal famoso fuoco di paglia che dura giusto il tempo di un click.

Parlare di Convergence Culture in questo contesto non è fuorviante se teniamo in considerazione che in ogni epoca storica, la cultura e, più in generale, i beni immateriali – ovvero la produzione di idee – precedono sempre i trend economici.

L’u-commerce può essere infatti paragonato ad una traslazione nel settore del marketing della Convergence Culture ipotizzata da Jenkins. Questa formula è concepita per superare le barriere tra esperienza di acquisto digitale ed esperienza di acquisto in negozio, creando un unico flusso convergente di acquisto dove le piattaforme digitali fungono da collante “unificato”. La nuova geografia di acquisto post-Covid traccia percorsi di acquisto “svecchiati” secondo i quali la domanda del consumatore deve essere percepita in maniera sempre più fluida.

L’u-commerce infatti non traccia confini e non pone barriere: il consumatore deve essere libero di passare dal web al negozio e dai diversi canali social ai contact center sia con la formula B2C che B2B. Questo scenario, ancora una volta, pone al centro le piattaforme digitali aprendo la possibilità, anche per i piccoli store, di competere sul mercato e-commerce mediante l’utilizzo di strumenti per la gestione di più canali con un’unica interfaccia.

Per sostenere i settori più colpiti dalla pandemia – e dal conseguente calo di vendite nei negozi – diverse Regioni e Camere di commercio italiane hanno deciso di erogare dei contributi a piccole e medie imprese per la creazione di piattaforme e-commerce destinate alla vendita on-line dei loro prodotti, come ad esempio prevede il nuovo Bando della Regione Lombardia.

2 Bandi per lo sviluppo di piattaforme e-commerce

La Regione Lombardia ha stanziato 2.6 milioni di euro a fondo perduto per sostenere i settori maggiormente colpiti dalla crisi. Il bando in questione – con un’azione coordinata con la Camera di commercio lombarda – prevede lo stanziamento di contributi a fondo perduto per le imprese con la finalità di sviluppare piattaforme e-commerce. Analizzando alcuni case study è emerso che, durante la pandemia, molte imprese italiane sono riuscite non solo a sostenere l’ondata di crisi economica dovuta alla chiusura dei negozi, ma addirittura ad aumentare il proprio fatturato. Come? Riconvertendo le vendita dallo store allo shop on-line mediante un’implementazione rapida ed efficiente di un canale e-commerce. Il Bando della Regione Lombardia in particolare non copre solo le spese di realizzazione della piattaforma e-commerce ma anche i costi ad essa collegati come i costi di analisi di fattibilità del progetto, la formazione del personale, la strategia di comunicazione, le campagne di digital marketing e molto altro.

2.1 Nettcomm: il Consorzio del Commercio Elettronico italiano

Stando alle dichiarazioni di Roberto Liscia, presidente di Netcomm – il Consorzio del Commercio Elettronico italiano: “Il periodo post-lockdown è da considerarsi come un cambiamento epocale che ha portato nuova cultura digitale nelle nostre abitudini quotidiane, un cambiamento che rimarrà nel tempo.” Liscia dichiara anche che durante la quarantena e nel periodo successivo, si è passati da 700.000 consumatori on-line a ben oltre i 2 milioni.

“ Ma la cosa interessante – continua Liscia – non è solo il commercio elettronico tout court o quello a cui siamo abituati. Quello che a me ha stupito e che trovo straordinario è il fatto che piccolo dettaglianti, ristoratori, fioristi, si sono organizzati utilizzando anche mezzi digitali molto semplici come Whatsapp pur di garantire ai consumatori italiani un servizio che prima non c’era. Questa logistica permetterà di fare un salto epocale in quello che è il futuro della multicanalità. La logistica sta diventano un nuovo sistema nervoso di un nuovo mondo di  acquisto digitale.” Si tratta naturalmente di dichiarazioni iper-ottimistiche che non tengono in considerazione una serie di numerosi fattori “collaterali” di rischio come, ad esempio, il grave problema del caporalato digitale dei rider.

2.2 Il caporalato digitale

L’universo nascente dell’e-commerce, proprio come avviene tra le galassie sopra di noi, lungi dall’essere una paradisiaca potenzialità che porterà gioia e ricchezza, è di fatto anche un assetto che contempla la presenza di molti buchi neri. Come quelli dello sfruttamento dei rider. Secondo Assodelivery – associazione dell’industria delle consegne alimentari – sono circa 20.000 i rider che guadagnano in media dai 4 ai 5 euro per ogni consegna. Si tratta di un vero e proprio “popolo di riders” – come viene spesso definito – che non ha una paga oraria minima e una serie di diritti sindacali garantiti. Nessuna garanzia salariale. Nessun diritto lavorativo. Nessuna garanzia sulle norme di sicurezza del contagio. Secondo una recente ricerca, le vendite e-commerce che contemplano la consegna a casa da parte del popolo dei rider sono destinate a salire fino all’80% del totale entro il 2028. 

 “Si tratta di un caporalato digitale” dichiara un membro di Union Rider Bologna “ nel quale la piattaforma che ti assegnano registra un punteggio in base a disponibilità e velocità. Non si viene nemmeno licenziati: si vede solo il proprio profilo bloccato.”

Uno scenario che sembra essere il corrispettivo digitale di una distopia orwelliana.

3 Chi controlla i controllori: Product Sampling di Amazon

Come abbiamo accennato, Amazon ha annunciato l’arrivo in Italia di un servizio innovativo che prevede la spedizione di campioni gratuiti scelti direttamente dalla piattaforma tra i prodotti del proprio catalogo: Product Sampling ovvero prodotti campione. Amazon sostiene di voler fare delle “sorprese” ai propri clienti selezionando i prodotti che possano essere ritenuti utili e piacevoli per ogni user.

Per partecipare alla “selezione” è necessario togliere la spunta dalla casella “Non voglio ricevere e-mail a fini di marketing.” Si tratta di un servizio che, come abbiamo raccontato in questo articolo, con buone probabilità analizza i nostri click, i Mi piace, i video che abbiamo guardato per costruire un modello sempre più accurato di predizione delle nostre azioni, spingendo ogni user alla prova gratuita di prodotti dei quali non potrà più fare a meno.

Prendi oggi gratis, pagherai domani il doppio.

3.1 Postal-commerce Il 25 luglio 2015, il Tribunale di Udine dichiara ufficialmente il fallimento di Postalmarket. La notizia di un ritorno di Postalmarket è recente. Pare infatti che l’imprenditore friulano Stefano Bortolussi – che ha acquisito il marchio nel 2018 – voglia rilanciare entro Natale

Il 25 luglio 2015, il Tribunale di Udine dichiara ufficialmente il fallimento di Postalmarket. La notizia di un ritorno di Postalmarket è recente. Pare infatti che l’imprenditore friulano Stefano Bortolussi – che ha acquisito il marchio nel 2018 – voglia rilanciare entro Natale 2020 una nuova versione di Postalmarket con l’ambizione di farla diventare la versione italiana di Amazon.

Il catalogo cartaceo, invece, verrà spedito a casa solo agli abbondati nostalgici.  Chissà mai che in questo periodo storico di pandemie, crisi e agghiaccianti colpi di scena, il famoso salto epocale di cui parla Roberto Liscia non avvenga proprio con un overbooking del catalogo cartaceo di Postalmarket, con buona pace dei colossi mondiali del commercio elettronico.